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giovedì 7 maggio 2015

Lombroso dal coiffeur


Indagine sul sostrato erotico-tricologico dell’italietta nel catastrofico quinquennio 2013-2018

A firma del figlio di Spartaco, ingegnere, con la partecipazione straordinaria del di lui collega Carlo Emilio. 
Feat. il lombrosico Cesarino dalla ratio estrema se si pensa a tutto l’apotropaico antigufare e il gasteropata arcicorvare.

Dunque il Lombroso e pure l’orgonico Guglielmo, quello esule del nubifugatore e del nubificatore,  risultarono frenologicamente rigorosi e purissimi scienziati, imago precursive di un Grothendieck, rispetto all’antropologetica del quinquennio. Chè pure il santissimo Tullio del Bellonci e il Semiologone Nazionale e l’Apicella dissero che era mag-nifico comunicatore, come il primadilui ex-cavaliere.



L’irenico pugnalatore da tergo (“stai sereno” dixit), si perdeva nei regni infiniti del domani, in un perenne bisticcio con l’oggi che lo doveva cominciare, proiettato verso un punto infinitamente al di là del dopodomani, infinitamente pallidamente remoto, come il bacio dell'asintoto alla sua curva.  E fu tutto un antigufatico toccar di palle, tant’è che col dottor Ingravallo alla Leopolda si comandò il Gran Lombardo Satrianico, così esperto di piccio, malocchio e jettatura, che i suoi perfidi allievi presero coralmente manco a nominarlo.



“Volendo l’aquila schernire ’l gufo, (…) rimase colli ali impaniate, e fu dall’omo presa e morta”.
Questa favolina del gran ornitico Lionardo di ser Antonio di ser Piero da Vinci ne mostra: che l’ischernire altrui è malo augurio per sé. Adde: quale ha buon senno non insuperbisce ad imbecille. Ché le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l'effetto che dir si voglia d'un unico motivo, d'una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti.



Per tale istoria vorrei, e sarebbe il mio debito, essere al caso d'aver dottrina di psichiatra e di frenologo di studio consumato in Sorbona: da poter indagare e conoscere con più partita perizia la follia tetra del fiorentino Matteo Aurelio ipocalcico dalle gambe a ìcchese: autoerotomane affetto da bulimìa dell’ego. Frenologo non essendo, e tanto meno sifolologo, farò icché potrò.
Lui, il ne bis in idem, secondo o terzo Racimolatore e Fabulatore ed Ejettatore delle scemenze e delle enfatiche cazziate, quali ne sgrondarono giù dal balcone di zinque anni durante: sulle povere e macre spalle di una gente sudata, convocata lambruscamente a' sagrati maledetti, a' rostri delle future isconfitte, come pure nelle Leopolde eleganti, incitate alle acclamazioni obbligative.





Taglio corto: son renziane - o ben presto lo son divenute - e vergottinate. 
E non le si sopporta


Alessandra Moretti


Alessia Morani


Anna Ascani


Taglio lungo: c’è Lussana, apparentemente d’altra schiera. Ma il carré molto si somiglia. 


Aurora Lussana


Nunzia De Girolamo

Il carré scalato è ormai superato? Idea sbagliata. Si reinventa a ogni stagione e conquista le donne  del Piddì. E se il carré scalato è liscio si applichi una noce di Brush Cream sui capelli umidi prima di procedere al brushing. Parola non di Gadda ma di Jean Louis David. Per sfilato si intende un taglio che non va a incidere sulla lunghezza del capello, quanto sulla sua consistenza, con l'obiettivo di alleggerire e sfoltire chiome pesanti e voluminose: “oggi Vi vedo più leonessa” disse il gomorroico tricologo riferito a Donna Imma. 





Ma quelle son di pasta democratica e vanno al dunque. Rimpiangono forse l’era del casco d’oro, della  Loretta, della Raffaella, della Caselli, della signorina snob Franca Valeri?


Paola De Micheli


Lia Quartapelle

Nel sembiante del caschetto egiziano, corvino, tutte a frullar quel cocco, vita natural durante a frullarlo. Ma non son Louise Brooks o la crepaxiana Valentina e ciononostante propense, per un seggio, a vergottinizzarsi, a matteorenzizzarsi senza vergogna. Ignare della macerazione, come delle pere, delle nespole, anche il maturare d'una pratica. Tutte signore «al cento per cento», con ottavino di palco alla Scala e luccicante breloque sul «ragionativo» petto.

La Italia la era padronescamente polluta dallo spiritato: lo spiritato l'era imperialescamente grattato e tirato a pruriggine dal plauso d'un pòppolo di quarantaquattro milioni di miliardi di animalini a cavattappo. Dovendo predisporre la tirannia con gli scherani e coi complici, egli cerca, seduce, assolda, inquadra scherani maschî nelle milizie, negli uffici, e li sparge con orecchio triplo di spia in mezzo al pòppolo.
Senonché il Poffarrenzi si preoccupò de le femmine, che lo incupivano nel desiderio. E avvertito della importanza che le donne possono avere nell’«organico» della famiglia e della società, col suo fiuto di furbo di provincia sente che potrà tirare un qualche profitto dando a bere a le grulle che talvolta le sono ch’esse pure hanno senso e capacità politica, talché poi le donne gli vanno mugolando d’attorno col pretesto del comune amore per il pòppolo, in realtà sospinte da una certa lor ghiottoneria ammirativa per il virulento babbeo che regala d’amoroso guiderdone le amiche, come l’amico Berluscone, ma insomma ne tiene a bada la vedovata lubido.
Ce n’era più che non bisognava, da far istarnazzare codeste poche ochette. Su nella piccionaia, ne i’ colombaio, una claque delle Sofonisbe fanatizzate. Una claque gratuita. Giù, nel cortile, un paperaio di Sofronie: principiarono ad ancheggiargli e a deretanargli da torno, tutt’ingiro tutt’ingiro pè pè pè pè pè pè, qua qua qua qua co’ i lor becchi spalancati e le lingue cantanti dal gozzo, di che fuoresce talora il canto ginecofesso della storditezza e della scemenza.


Debora Serracchiani

Anche durante un recente pranzo dai Balducci, il vispo funzionario non poté fare a meno di notare la mandibolare Picio-Picerna (ex stiratrice al Campus di Fisciano) e Madonna Madìa, già per tempo reclutate veltronescamente, oltre che la nuova domestica, Assunta Serracchiapani, e una nuova «nipote di Mubarak», il Guerini detto Gina, il cui aspetto acerbo era ben lontano dalla procacità della precedente Virginia Boschi. 


Pina Picierno


Lorenzo Guerini

Tutte a innalzare l’empirico facendolo penetrare nell’ideale e nel simbolico. Mentre col commendator Poletti e il prode Farinetti, l’eat-eat-hurrà italico, di professione "prosciuttofili", in quel sacro luogo expositivo o governativo se ne stavano a promuovere vicendevolmente il grigio sodale e tenerlo vicino a riscaldare il proprio grigiore.


Mirelle Mathieu


Uma Thurman


Finché la titolare, quel vecchio relitto sgradevole e rozzo, sarebbesi accorta che la sua illazione sulla First Lady non era illazione e s’incazzò. Stufa del tempo incubante - Roma doma, Roma cova - si fiondò in sul pagliaio delle fiducie e de' decreti sua, prima nel piede a terra dell’amico, poi nell’Agro Romano ove renzuccio vien fulgurato a destino. Dopo che twittò “Fassina chi?” appena in tempo bloccato sul “Landini chi?” essendo lo stolto immemore del cognome de la mujer perfecta.
Senonché l'Agnese era di quelle meravigliose donne pontassievesi che estrinsecano la propria forma mentis nel postulare dovunque e davanti a chiunque la certezza della propria infallibilità e dunque impose al suo volenteroso ometto di tornarsene a Tor di Gheppio quanto prima.


Rihanna

Ma la volizione del volitivo giovane involveva già del suo velle la fuggitiva labilità degli eventi. Conciossiacosaché fringuellò ancora con quel tono, e, più, quel carattere duramente ingiuntivo o addirittura imperatorio che solo si addiceva agli "homines consulares", agli "homines praetorii" del neo-impero in cottura. Chi è certo d'aver ragione a forza, nemmeno dubita d'aver torto in diritto. Chi si riconosce genio, e faro alle genti, non sospetta d'essere moccolo male moribondo, o quadrupede ciuco.



Oh Pippo, cche tte ne vai con le Narrazioni di Terlizzi? E non sarebbe orrore sesquipedale ignorare i pentastellati propriora che da più lune il grullo ha preso a ragionare meno cinobalanicamente e il Bersano se ne va, nella sua parlata ciabatta, a smacchiar leopardi  nel Maragadàl, paese di non molte risorse.
Non sarebbe bene prepararsi politecnicamente alla vita vera?
E tutto si conchiuse in una fede e la fede in una formula: «Che sarebbe mai la nostra povera Italia senza quell’omo! Vie’ a mmagnà Civatì ch’è pronto. Viette a strozzà, Civatì, si no se fredda.».

Gli italiani, generosissimi in tutto, non sono generosi quando si tratta di pensare.

L'italiani sono di simulato sospiro.


1 commento:

  1. riceviamo da Giorgio Franco:

    Eravamo bambini e c'ispezionavano i capelli, illudendoci che se ci fossimo sottoposti a tosature con macchinette spuntate, che ad ogni giravolta, lasciavano sanguinolenti testimonianze di sé, ci avrebbero gratificati appellando la nostra capigliatura ad un'eredità umbertina.
    Non facemmo in tempo ad uscire dal liceo e ci consentirono di coltivare zazzere e frangette, immemori di pidocchi postbellici, che avevano reso insonni madri, nonne e zie zitelle. Stirateli i capelli, c'ingiunsero, pena il confondere i vostri riccioli con i confinanti africani. I vecchi bollarono il nuovo style "sfumatura alla deficiente", ignari del conto che avrebbero dovuto pagare di lì a poco ed ecco il sessantotto, venerato e contrabbandato da settantenni irredenti, deriso e demonizzato dai "matusa": capelloni, sudici e maleodoranti, scostumati e inaffidabili, disobbedienti e cinici, ignoranti e presuntuosi e ...
    noi comunque orgogliosi di non aver mai optato per la rasatura a zero a testa di c****, "come il priapesco trimalcionico che impera oscenicamente"

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